Di personaggi mitologici, eroi epici e della vita di tutti i giorni passati presenti e futuri del paesino di lassù lontano lontano, il più curioso è certamente quella di ‘U Puparu. ‘U puparu, che non ha scuola, né arte e né parte, era in quei di lassù un fine stratega all’Alcibiade, alla Stalin o alla Oronzo Canà che rubava ai ricchi e poveri, sì, proprio quelli che cantavano “paese mio che stai sulla collina…” per poi buttare tutto sotto metri e metri di terra per far crescere, come Pinocchio, gli alberi che fruttificavano monete e dischi di platino (memore che dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori). ‘U puparo era mago prestigiatore: da uno si faceva trino, quadruplo e quintuplo e, perché no, decuplo, centuplo e, a che ci siamo, crapulo ma anche Nannolo, Pisolo, Eolo e Cucciolo (Brontolo no). ‘U puparo era quello che gestiva il potere. Era lui che diceva chi poteva andare al gabinetto e chi no, chi pappava e chi guardava. E non era solo: oltre ad essere centuplo, era anche attorniato di una squadra fortissima e bravissima e mille miglia grandissima. Ed era composta da Tizio, Caio, Filano, Sempronio, Martino e il cane della vicina che scodinzolava a tutti meno che a lui. E con questa squadra sarebbe arrivato su su. Non a Sindaco. Non a Senatore. Né Presidente o vile deputato. Ma sarebbe diventato Papa con il potere temporale dall’Alpe agli Appennini, dal Manzanarre al Reno, luoghi che non conosceva perché il nostro puparo aveva una fobia: quella del libro aperto.
Alain Calò
'‘U PUPARU'
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