TAGLI SANITÀ. L’urlo di una madre, non chiudete l’ospedale

Pubblichiamo per intero questa lunga lettera scritta, con il cuore, da una madre nicosia. Non aggiungiamo nulla, la lettera dice tutto.

All’assessore alla sanità della Regione Sicilia.

Scrivo questa lettera aperta in quanto ho appreso in questi giorni la notizia del ridimensionamento dell’ospedale di Nicosia, in provincia di Enna. Un ospedale che soddisfa le necessità di Nicosia e dei piccoli comuni limitrofi, forse insignificanti ai vostri occhi, di cui, mi sorge spontaneo chiedere, se conoscete l’esistenza, considerando la difficoltà nel raggiungerli per via delle strade impervie.

Scrivo perché la chiusura dell’ospedale risulterà nella morte certa di mio figlio. Può sembrare un’affermazione azzardata, forse troppo forte, ma è la realtà. Mio figlio ha 21 anni, ed è affetto da una grave, rara malattia, che lo obbliga a ricorrere alle cure ospedaliere mensilmente, se non più spesso, cure salvavita. Uno dei tanti episodi che potrei raccontare è avvenuto il 7 maggio scorso, quando è stato portato d’urgenza al pronto soccorso, sottoposto alle cure con adrenalina, e salvato in extremis dai rianimatori che non hanno guardato l’orologio per vedere quando finiva il loro turno, ma sono stati instancabili, pronti a salvare una vita (rianimatori che, in seguito al ridimensionamento, non potranno più essere per lui angeli salvavita). A quel punto il sul cuore non ha retto, ed è stato necessario trasportarlo in rianimazione. Ma dove? A Catania? A Messina? O forse a Palermo? Tutte a più di due ore di distanza, ovviamente senza considerare l’impercorribilità delle strade, che rende tutto più complicato. Noi non abbiamo né una rianimazione né una sala di terapia intensiva, grazie ad una politica dei tagli e del risparmio che però, forse poco tiene conto del fatto che gli utenti siano persone, vite umane che hanno non solo il diritto alla salute, ma alla vita.

Le condizioni di mio figlio peggioravano, io gli stringevo la mano promettendogli, a modo mio, di non farlo morire, ma non ero certa di poter mantenere questa promessa; vedevo il medico con le lacrime agli occhi (perché un medico che si può chiamare tale, non può permettersi di perdere un ragazzo di 21 anni), chiamare gli ospedali dell’isola, e sentirsi dire che non vi era posto. Ben 11 ospedali si sono rifiutati di prendere in carico un ragazzo morente, mentre nel piccolo ospedale, per voi ingombrante in quanto dispendioso, forse perché non opera con numeri stratosferici, tenevano in vita mio figlio.

Il medico ha dovuto ricorrere ai carabinieri; ai carabinieri per accedere ed essere accolti in un ospedale? Scortati dai militari, come se fossimo stati criminali, eppure siamo cittadini, con il diritto alle cure ed alla vita. Senza le forze dell’ordine, tutti quegli ospedali ci avrebbero lasciato per strada, e mio figlio non sarebbe più qui accanto a me.

Il viaggio in ambulanza è stato un Odissea. Bisognava correre, ma a causa delle strade impervie bisognava andare piano. Più volte per strada è stato necessario fermarsi, perché lui aveva spesso crisi respiratorie. Alla fine siamo arrivati a Catania, dove ha passato la notte in rianimazione, ma lui non è guarito, ha una malattia rara da cui non si guarisce, ci si convive. Ci si convive con la speranza nella ricerca, nel futuro, perché ad un ragazzo di 21 anni non si può negare il futuro.

Da quel giorno di maggio lui è stato male ancora, ha avuto molte crisi e molte volte abbiamo lottato contro la morte, ma abbiamo sempre vinto grazie nell’immediato intervento dei medici di questi piccolo ospedale, che ovviamente va chiuso o ridimensionato, perché a parer vostro, non opera su grandi numeri. Mio figlio è un numero, uno dei tanti che in silenzio i medici hanno salvato con caparbietà, perché ogni vita conta, e loro lo sanno bene.

Chiudendo l’ospedale di Nicosia, certo, se lui si sentisse male potremmo arrivare a Enna, ma solo d’estate perché in inverno con il ghiaccio diventa un po’ più complicato in piena crisi respiratoria, ma tranquilli, chiederemo alla malattia di scatenarsi solo d’estate. In più dobbiamo considerare il fattore accoglienza, facendo tesoro dell’esperienza già avuta. Oppure andiamo a Catania, con un’ora e mezza di strada, o a Palermo, o Messina, con due ore di strada.

Credo che possiamo rassegnarci al nostro destino, anzi, che ci state costringendo a rassegnarci al nostro destino.

Eppure mi sembrava che lo Stato dovesse tutelare il futuro dei suoi cittadini, non negarlo. Io e la mia famiglia dovremmo trasferirci, saremmo costretti a partire, a lasciare casa e lavoro per inseguire la salute, e così tutti gli altri cittadini. Ma come lo avete il coraggio di lamentarvi del calo demografico, della fuga dei giovani? Non ci pensate, voi, alle persone, tutto nella logica del risparmio e dei tagli. Lasciateli morire, i vostri cittadini.

Io pretendo che l’ospedale di Nicosia rimanga aperto.

Laura Maccarrone


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'TAGLI SANITÀ. L’urlo di una madre, non chiudete l’ospedale' have 3 comments

  1. 14 Settembre 2016 @ 16:44 Giovanni Parisi

    Fate girare la lettera della Sig.ra Maccarrone .Inviatela ai principali giornali nazionali e anche testate televisive. Fatela diventare virale….Per i politici questa è una bella mazzata in testa se qualcuno avrà il coraggio di condividerla. ..E intanto sono molto vicino e dispiaciuto per la Sig.ra Laura…

  2. 14 Settembre 2016 @ 20:27 Anonimo

    L’urlo di Laura e`cosi`forte da far venire i brividi vorrei tanto che i politici si passassero la mano sulla coscienza . Un forte abbraccio alla mamma coraggiosa

  3. 15 Settembre 2016 @ 06:19 Ignazio Di Stefano

    Laura, che dire oltre? Sei tutti noi


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