Maldicenze e pettegolezzi: parlare male di una persona è reato solo quando le espressioni usate trascendono dalla normale critica.

Parlare male di una persona alle sue spalle: tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo ceduto al pettegolezzo e ci siamo spinti in giudizi – affrettati o meno – sull’altrui moralità, qualità e comportamento. Ma erigersi arbitri degli altri può essere illegale? Chi viene a sapere che qualcun altro ha parlato male alle spalle di sé può contestare questo comportamento o rientra nella libertà di espressione il diritto di sentenziare sugli altri? La risposta è a metà strada.
Tutte le volte in cui si sparla di una persona in sua assenza e in presenza di più di una persona si commette il reato di diffamazione, ma solo a condizione che le parole utilizzate trascendano dal normale esercizio della critica, ossia si risolvano in giudizi sull’altrui persona e moralità, al di là di qualsiasi riferimento a fatti storici e accertabili. Dire di una donna «Si è sposata per interessi» è sicuramente una valutazione soggettiva, priva di alcuna documentabile dimostrazione: è insomma una maldicenza gratuita che costituisce reato. Dire di un professionista: «È incompetente perché ha sbagliato un gran numero di pratiche» può non essere illecito nella misura in cui tali fatti siano dimostrabili. Proferire frasi come «Parassita e cialtrone» è, secondo la Cassazione, diffamazione in quanto i giudizi sono espressi nei confronti della moralità della persona, giudizi cioè soggettivi che non trovano alcun riscontro nella realtà. Altrettanto dicasi nei confronti di chi definisce un altro «raccomandato».
Per tornare ai presupposti del reato di diffamazione è necessario che:
-la vittima sia assente;
-vi siano almeno due persone a sentire la maldicenza.
Così, parlare in confidenza a un amico/a usando espressioni fortemente ingiuriose nei confronti di un altro non è reato. Se gli amici presenti sono più di uno, invece, c’è diffamazione.
La pubblicazione della maldicenza su Facebook fa peraltro scattare l’aggravante dell’«uso della pubblicità», il che significa un aumento della pena fino a un terzo. Sempre su Facebook è vietato riferire dei debiti di un soggetto: dire «Non paga i suoi debiti» è reato di diffamazione.
Parlare male alle spalle di una categoria di persone e non di un soggetto specifico non è reato. Così, dire «Tutti gli esponenti del partito sono imbroglioni» non configura diffamazione. La diffamazione richiede che l’identità della persona offesa sia determinata o determinabile in modo agevole. In pratica, perché scatti la responsabilità penale a causa di una frase diffamatoria è necessario che risultino definite le generalità della vittima (nome e cognome) o che questa possa essere facilmente individuata sulla base di elementi esterni noti a tutti (ad esempio, il riferimento al «vincitore di un concorso», al «collega che ha ottenuto la promozione», al «condomino che non ha ancora pagato le quote», ecc.). Le generiche allusioni, quindi, possono rientrare nell’illecito penale. Bisogna stare attenti quando si infanga la reputazione di un’attività commerciale: la recensione negativa su internet non è diffamazione anche se aspra e pungente perché rientra nel diritto di critica. Gli unici limiti sono costituiti dall’esistenza del fatto criticato (non si può criticare qualcosa che non è mai avvenuto o che è il frutto di un’esagerazione personale) e la «continenza verbale» (ossia l’utilizzo di una forma espressiva non aggressiva o infamante. Entro questi limiti i giudizi aspri o polemici sono legittimi e non costituiscono diffamazione.               Dulcis in fundo, arriviamo alle assemblee di condominio. Posto che il reato di diffamazione richiede l’assenza della vittima (del resto «parlare male alle spalle» significa proprio questo), bisogna chiarire se il particolare contesto, litigioso per sua “vocazione”, possa giustificare l’utilizzo di frasi colorite e più aspre del normale. Secondo i giudici anche l’espressione va contestualizzata: l’importante è che non si traduca in un insulto assolutamente ingiustificato. Una frase ingiuriosa, ad esempio, potrà dirsi diffamatoria se pronunciata nel corso di una normale discussione tra amici; potrà esserlo meno se esternata in un’assemblea di condominio.

Fonte: www.laleggepertutti.it/169225_si-puo-parlare-male-alle-spalle


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