LAVORARE MEGLIO,
LAVORARE TUTTI
CONDIVIDENDO GLI STESSI OBIETTIVI
Carissimi dipendenti ed amici dell’Oasi,
i fatti di questo periodo e le chiacchiere che li hanno contornati, ci spingono come consiglio di amministrazione dell’associazione a volere dire una nostra parola che speriamo serva a portare chiarezza, e a riportare la discussione ad una serenità dialettica che eviti lacerazioni tra colleghi, tra dipendenti, con il territorio, che possono essere deleteri ogni giorno di più.
….. Fare memoria
Vogliamo invitarvi come primo momento a fare memoria e, se credenti, a benedire Dio, per tutto ciò che ha dato alle nostre vite attraverso l’Oasi e ad indicare così i punti da cui si riparte per i progetti futuri.
1. Perché ci ha fatto aprire strade nuove
Sono stati 70 anni circa di cammino in salita, di crisi, di buone intuizioni da dovere a volte rinviare perché i tempi non erano maturi, di prove e riprove per fare maturare in noi e attorno a noi l’idea che il disabile non è un oggetto ma una persona con pari dignità della nostra.
Se un merito storico l’Oasi ha nel nostro territorio, in Sicilia e non solo, certamente è quello di avere capovolto i giudizi su queste persone, creando sensibilità diverse ed accoglienza.
Il tutto accompagnato da difficoltà economiche non lievi, eppure da tutte siamo stati sollevati dall’azione provvidente di Dio che si serve anche della capacità e competenza degli uomini.
2. Perché abbiamo appreso l’arte di collaborare insieme
In un contesto in cui prevale l’individualismo anche nel campo della organizzazione del lavoro Dio ci ha dato di imparare la strada del camminare insieme e di fare tutto in collaborazione, tanto che questo è diventato un “marchio” proprio dell’Oasi. Merito di tutti voi dipendenti e collaboratori che siete entrati in questo metodo superando i punti di vista individualistici.
Se una cosa ci preoccupa oggi è che il clima di tensione creato, i discorsi che mirano al discredito di persone specifiche, che portano a fare divisioni tra categorie, anche solo perché esprimono pensieri diversi, possa portare allo sfaldamento del clima di collaborazione necessario per il raggiungimento degli obiettivi dell’Opera: fare sì che i disabili siano trattati come vorremmo essere trattati noi se fossimo al loro posto.
3. Per l’essere diventati operatori di speranza e di gioia
È quello che costantemente le famiglie ripetono su di voi e su tutta l’Opera. È la loro benedizione, ne siamo certi, che ci attira la benedizione di Dio. Qualora adesso al loro ritorno, ma anche in futuro, o leggendo i social, dovessero percepire che questo clima si è inquinato, corriamo il rischio di mettere in crisi il nostro stesso lavoro, diventando noi stessi la causa del nostro male. L’unica cosa che le famiglie ci chiedono è di mantenere questa differenza abissale tra noi e le strutture pubbliche o private di altro genere, se diventassimo come gli altri cadrebbero i motivi per cui siamo scelti e non sopravviveremmo a lungo.
4. Per avere accettato tutti di fare sacrifici
Chiaramente diciamo tutti, nessuno escluso, perché un grazie vogliamo dare a tutti. Ed è un grazie vero e profondo per ieri, per oggi e per il futuro, sapendo per certo che questa opera vivrà attraverso questa forma di condivisione del sacrificio che ci ha consentito di affrontare momenti difficili e di superarli.
Di questo momento ci allarmano tutti i pensieri di “esclusione” che abbiamo sentito. Frasi come: “a noi di quel ramo di azienda non interessa niente”, ….“i dirigenti hanno lo stomaco pieno”, … “quelli che soffriamo di più siamo noi del comparto”, … “le volontarie ed il Padre il piatto ce l’hanno sempre pronto” etc. etc., ci inquietano perché i sacrifici sono sempre stati fatti da tutti e a tutti i livelli, ignorarlo significa creare martiri nei posti sbagliati.
5. Per una dirigenza che non ha guardato solo al rendimento, ma spessissimo al bisogno del lavoratore
Vogliamo pensare che nessuno voglia accusarci per il fatto di non essere perfetti. Abbiamo coscienza che tutto ciò che è stato fatto ha sempre tenuto conto di chi lavora, dalle assunzioni, – non scordiamo le tante lacrime e pressioni di chi voleva e vuole entrare a lavorare, e i tanti strappi che sono stati fatti per facilitare quanto più è stato possibile coloro che chiedevano di entrare, – allo sforzo per il mantenimento del posto di lavoro.
Lo stesso va detto per coloro che meritavano di essere cacciati via dal lavoro perché non adeguati o perché approfittavano degli incarichi ricevuti; parecchi sono stati i “ripescaggi” fatti.
E potremmo continuare con il ricordare che abbiamo limitato i richiami per le inadempienze anche gravi nel tempo. Chi in questi giorni sembra essere più informato sui fatti rispetto anche a noi, speriamo abbia presente tutta questa opera di salvaguardia di ciascuno.
Abbiamo sbagliato? Può darsi e forse abbiamo anche pagato per questo, ma certo ci siamo sforzati di salvaguardare tutti.
Noi e questi stessi dirigenti che abbiamo subito la perdita dei tre anni di contributi da parte dell’assessorato alla famiglia, o al taglio imposto dal decreto Balduzzi, abbiamo per caso fatto ricorso a licenziamenti a sorpresa?
Ci sono le casse vuote? Certo ogni scelta si paga. Ma se avessimo licenziato come sarebbe stata accolta la decisione?
O per caso ci avete sentito accusare i dirigenti del passato per alcuni loro errori che stiamo pagando nel presente? Certamente no.
Noi sosteniamo che all’opera serve una dirigenza che oltre alle capacità tecniche abbia anche cuore ed abbia a cuore l’opera. Ascoltando questi giorni tutte le chiacchiere e il di più detto da tanti, ci siamo chiesti se per caso, dietro la richiesta della nuova dirigenza, ci sia l’attesa di uno che, non guardando in faccia nessuno, liberi l’opera da ogni difficoltà amministrativa. Ma è proprio questo quello che si desidera? Con il rischio di trovarsi nella falce di chi taglia senza guardare in faccia nessuno, ma solo il “risanamento” e l’”investimento”?
Oppure sognare un commissariamento esterno che produrrà un aggravio non lieve, perché tutto deve pagare l’Opera e sappiamo come di solito questi commissari tendono a piazzare I propri amici in posti privilegiati…
È questo che vogliamo? Vederci alla fine più impoveriti? O consegnati nelle mani di alcuni politici di turno, qualora, come sogna qualcuno, venga dal governo regionale il manager adatto? Torniamo a camminare insieme, superando le nebbie del momento per costruire al meglio il futuro dell’opera.
6. Per l’esposizione mondiale dell’Opera
C’è a volte una scarsa memoria di quanto è stato fatto perché l’opera divenisse un punto di riferimento mondiale. Qui sono arrivati i migliori specialisti nei settori che noi trattiamo. Come si fa a pensare che tutto questo sforzo del passato lo si voglia azzerare adesso! Nessun dubbio che viviamo una crisi congiunturale complessa, che assommata alle nostre fragilità interne certamente ha portato ad un disagio non lieve.
Ma è nostra intenzione di non abbassare la qualità in nulla perché questa esposizione raggiunta sia un altro modo come servire il disabile a livello mondiale. In questa dinamica si iscrive anche lo sforzo attuale per ottenere un chiaro riconoscimento della santa Sede dell’Opera, come maggiore garanzia per il nostro futuro. Ma capite bene che di questo non si può parlare se prima tutto non arriva a buon fine. Vogliamo forse che prima di noi arrivino in alto i nostri malumori, che, se pur legittimi, non sempre sono gridati in maniera sapiente.
7. Per il buon rapporto con l’Amministrazione Comunale Abbiamo impiegato anni per sentirci tutti nella stessa barca con l’amministrazione comunale di Troina e da qualche anno questo regalo il Signore ce lo ha fatto. Per cui ringraziamo l’attuale Sindaco che ha espresso un impegno per l’Oasi non indifferente nell’ultimo periodo. Essere sulla stessa barca non significa identità di vedute, e meno male, ma certo non significa più remare contro, anzi al contrario, attenzionare l’Oasi, essendo questa opera fonte, diretta o indiretta, di lavoro per parecchi troinesi.
Non corriamo il rischio di stancare l’amministrazione, tirando il Sindaco e la sua giunta da una parte o dall’altra. Riteniamo che il Sindaco debba lavorare per l’unità ed il benessere globale dell’Oasi, il suo ruolo e quello della giunta non può essere ridotto a difensore di questa o quella categoria di dipendenti o mediatore tra le diverse componenti l’azienda Oasi.
Rispetto al rapporto con tutti i partiti, ribadiamo che per noi siano i benvenuti; a tutti offriremo la collaborazione necessaria per impostare un buon progetto a favore della disabilità a livello regionale o nazionale, a tutti chiederemo di non trascurare l’Oasi, ma a nessun carro vogliamo restare legati.
Ribadiamo come per noi è essenziale per l’opera il buon rapporto con l’amministrazione comunale, come fatto istituzionale, e con quanti amministrano la “cosa pubblica” a qualsiasi livello, ma vogliamo ancora sottolineare che l’Oasi non fa politica legata ai partiti, ma in tutti vuole fare maturare l’idea che la disabilità è un problema primario da non trascurare. Camminare insieme è il nostro progetto per il presente ed il futuro, senza confondere i livelli e le identità.
PER AVVIARE UN’ ANALISI DELLE PROBLEMATICHE AFFRONTATE
Vogliamo solo toccare qualche punto, tra quelli che abbiamo visto agitare più spesso in questi giorni, sui quali è più utile fare chiarezza.
La richiesta di azzerare le direzioni.
Ci spiace che quanti hanno gridato la richiesta dell’azzeramento delle direzioni, non siano stati chiari fino in fondo; in verità, a nostro avviso, non si desiderava questo, ma la esclusione del Padre dalla gestione dell’Opera e l’esautoramento di questo consiglio.
Un sindacalista in un dibattito lo ha almeno detto chiaro. Ma chi ci ha girato attorno, facendo confusione sulle cose, ha generato una caccia alle teste che corre il rischio di essere pericolosa.
Più volte il direttore amministrativo e il responsabile dell’Ufficio Staff di presidenza hanno dichiarato (verbalmente e per iscritto) la loro disponibilità a lasciare i loro incarichi, qualora questo potesse giovare al bene superiore dell’Opera.
Il C.d.A. dopo opportune riflessioni non ha ritenuto di accogliere tali dimissioni.
L’attuale dirigenza si è mossa in sinergia con il consiglio e si sono impegnati molto in questo momento difficile. Non possiamo permettere una forma di giacobinismo che consenta a chi grida di più di richiedere la testa di un altro. Quando questo gioco iniziò, nella rivoluzione francese, subito dopo caddero le teste di coloro che lo proposero. Occorre che puntiamo sulla sostanza della proposta e su questo ci trovate convergenti, serve una svolta, ma costruita da tutti. Quando si è agitati non salta nessuna testa; stabilito il progetto, si procede poi per la giusta collocazione degli uomini.
La discontinuità
Sull’ambiguità di questo termine tanto si è giocato; per noi è chiaro che avviare un processo di discontinuità, non vuol dire togliere una dirigenza e metterne un’altra, ma avviare azioni nuove e diverse che portino al superamento del momento di crisi. Se così tutti intendiamo questo termine, e uno degli ultimi interventi del Sindaco si muoveva in questa direzione, allora c’è accordo pieno anche da parte nostra. Speriamo al più presto di indicare le modalità come avviare un lavoro di progettualità sul futuro dell’opera che avvii questa “discontinuità” e serva a rasserenare tutti. La discontinuità serve a cambiare l’acqua sporca nel bacile, ma non a buttare via il bambino che va fatto crescere e sviluppare.
NON SCORDARE LE RADICI
A tutti vogliamo ricordare che non abbiamo alcuna intenzione di transigere sul rispetto dei valori che hanno determinato la nascita dell’Opera, anche quando ci sono momenti difficili, per cui ci dissociamo e ribadiamo alcuni “no” chiari e decisi:
- – No a quanti lavorano per rompere l’unità dell’opera, anche puntando sui consacrati.
- – No a quanti vogliono creare divisione tra le diverse società dell’Oasi e togliere ogni forma di solidarietà nei rapporti tra le diverse componenti della famiglia Oasi.
- – No alla confusione dei ruoli: il presidente ha la sua funzione, il consiglio la sua, i sindacati la loro, sovrapporre i piani, pretendere di sapere come sono spesi ogni mese i soldi, come se tutti avessimo davanti lo sguardo di insieme di tutta l’opera, non funziona.Abbiamo forse ecceduto nel venire incontro alla voglia di coinvolgimento, ma certo abbiamo creato più confusione e certamente questo non si ripeterà più.
- – No alle rivincite individuali, al togliersi i propri sassolini dalla scarpa, attaccando con accuse pesanti chi non la pensa come coloro che si espongono di più o addirittura minacciando, o ricorrendo alla denuncia facile. Invitiamo tutti a riconoscere quanti soffiano sul fuoco in maniera nascosta al grido di: “muore Sansone con tutti i filistei”, perché in questo caso, gli equilibri sono talmente delicati che tutta la struttura va in tilt, né tanto meno qualcuno di coloro che soffiano sul fuoco pensino di andare a sostituire le persone di cui si chiede la testa.
- – No allo stravolgimento della dimensione etica dei rapporti tra di noi e con gli altri; abbiamo sentito parole offensive e visto gesti di aggressività che non possono passare sotto silenzio. A quanti hanno pensato che il silenzio del consiglio sia stato assenso a tutto ciò che è stato fatto e detto ricordiamo che si sbagliano. Ci sono elementi di rispetto della dignità di tutti e della eticità che in questa casa tutti devono osservare in qualsiasi momento, anche quando c’è la dialettica di un confronto o si è arrabbiati.
Da sempre abbiamo saputo che i sindacati erano i luoghi del rispetto della eticità di base, non ci è apparso così in questo periodo, in questa casa.
- – No alla strumentalizzazione di chiunque, politica, sindacato, dipendenti; chi si espone, chi dissente in silenzio, tutti vanno ascoltati e rispettati nelle diverse funzioni e a nessuno con minacce o sberleffi sui social, va impedito di parlare.
- – No a quanti vogliono trasformare questo momento di crisi in un cavallo di battaglia politica coinvolgendo, anche all’interno della casa senza autorizzazione alcuna, rappresentati della politica.
A tutti vogliamo raccontare anche il nostro dolore nell’avere visto boicottare le iniziative tradizionali di riflessione, anche spirituale, che solitamente l’Oasi fa. Se questi momenti in cui tutti ci mettiamo in ascolto di una Parola diversa dalle nostre parole, non restano il luogo del convergere sempre e tutti, da dove pensate che si possa ripartire per ritrovare il clima sereno necessario per portare a buon fine insieme il progetto sul futuro dell’opera? Evitiamo di strumentalizzare anche Dio, davanti a Lui ci si pone solo in ascolto e per questa opera nata nell’alveo cattolico, tale piattaforma rimane inscindibile alla costruzione di un progetto comune.
Noi non abbiamo un progetto per l’uomo con Dio ed uno per l’uomo senza Dio, noi cerchiamo di realizzare l’unico progetto di Dio sugli emarginati e la disabilità che poi diventa un progetto utile per ogni uomo che vive sulla terra, anche se non crede in Dio.
Un altro dolore ci siamo portati nel cuore, l’essere letti come la controparte-nemica. Non vogliamo fare gli ingenui, per il funzionamento di una struttura come l’Oasi i parametri non sono più quelli legati al modello della famiglia, con il risultato finale di un “volemosi bene” alla romana o la conclusione di ogni cosa ad un superficiale “tarallucci e vino”. Chi soffre di queste nostalgie, faccia presto ad uscirne, siamo in una realtà complessa e vanno cercati altri modelli di interazione.
Ma certo il parametro di leggere il consiglio come il “nemico”, non appartiene a ciò che noi crediamo e ci auspichiamo. I rapporti nuovi vanno ricostruiti nella dinamica della solidarietà e sussidiarietà. Principi della dottrina sociale della chiesa che ci appartengono profondamente e che possono impregnare le nostre relazioni, lavorando con coscienza ad un bene unico, pur con ruoli differenziati che non si possono annullare.
Non verremo alla meta ad uno ad uno, ma a due a due. Se ci conosceremo
a due a due, noi ci conosceremo
tutti, noi ci ameremo tutti e i figli
un giorno rideranno
della leggenda nera dove un uomo lacrima in solitudine.
Paul Eluard
PROPOSTA CONCRETA
UN AMPIO ASCOLTO DI TUTTI
Primo momento: il Consiglio, aiutato da alcuni rappresentanti dei dipendenti, renda più chiara a tutti la situazione e le proposte per il contenimento dell’emergenza, attraverso incontri a tappeto in piccoli gruppi con tutti i dipendenti.
In questa circostanza metteremo a conoscenza di tutti il codice etico che, dopo una breve fase di conoscenza, diventerà normativo per tutti, così ci ridiciamo con maggiore chiarezza con quali atteggiamenti e stile vogliamo realizzare ogni progetto che nasce in questa opera. Pensiamo di chiudere questa prima tappa il 2 di ottobre, giorno del patto con Maria.
Secondo momento: elaborare il piano di sviluppo aziendale per i prossimi tre anni. Pensiamo di chiudere questa seconda tappa entro il 6 novembre avvio ufficiale dell’anno sociale dell’Oasi.
A tutti vogliamo chiedere di ritornare ad un linguaggio non estremo, non ci sono piazze da conquistare, né tessere da immagazzinare all’infinito, se torniamo a dialogare siamo certi che avvieremo a soluzione tutte le difficoltà individuate.
Questo è il nostro desiderio: ripartire accogliendoci, senza pregiudizio reciproco e sapendo che la proposta di ciascuno concorrerà al bene di tutti.
f.to: I componenti Consiglio di Amministrazione:
Sac. Luigi Ferlauto, Gaetana Ruberto, P.Silvestro Rotondo, Grazia Iacobacci, Maria Schillaci
'La lettera del Cda dell’Oasi ai dipendenti'
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