ENNA. La provincia fantasma

Già alla scuola elementare gli infans maior si approcciano allo studio della storia e della geografia. Le maestre spiegano come l’uomo si stanzi nei luoghi più favorevoli alla vita e alla sopravvivenza dello stesso. Pertanto le coste sono sempre state più ambite rispetto all’entroterra spesso arido e impervio.
La parte nord della provincia di Enna malgrado tutto ha goduto per anni di benessere e prosperità fin quando l’alibi di molte scelte di riduzione dei servizi è stato quello della carenza di utenti. La negligente manutenzione delle infrastrutture viarie è così giustificata, come la scelta di chiudere l’unico avamposto di giustizia, il tribunale di Nicosia, oppure ancora il carcere, e così via.
“Siete in pochi! Non vale la pena spendere e investire nel vostro territorio”. Questo il messaggio che senza velature giunge dai piani alti del potere agli “eroi” che ancora si ostinano a vivere questa terra.
Le politiche di finanziamento sono fatte solo per i pesci grossi. C’è davvero poco per chi vuole fare impresa tra i borghi dell’ennese. Sembra ci sia un disegno perverso che vorrebbe tutti i siciliani stanziati
nelle coste così da permettere di fare del cuore della Sicilia una mega discarica dove buttare tutti gli scarti prodotti dai grandi centri in cui far vivere degli automi/consumatori ubriachi di luci e cemento.
Un esempio per tutti è il comune più a Nord della provincia di Enna, Cerami, che ha visto negli ultimi centocinquant’anni un più che un dimezzamento della sua popolazione. Nel 1861 si contavano 4.402
ceramesi mentre nel 2015 l’ultimo censimento ISTAT conta 2.006 ceramesi. Nel 1861 gli italiani eravamo più di 20 milioni, oggi siamo circa 60 milioni. Mentre la popolazione nazionale in centocinquant’anni si è triplicata quella di Cerami si è dimezzata.
Nel 2017 i ceramesi sono sempre di meno se ne contano poco più di 1950. In quest’ultima cifra non si considera il fatto che già di inverno i ceramesi effettivi sono molti meno perché per motivi di lavoro e di
studio sono costretti a vivere il paese solo nei fine settimana.
Ogni anno del nuovo secolo porta via da Cerami in media 40 ceramesi. Addirittura nel 2015 il saldo naturale, ovvero la differenza tra nati e defunti, è negativo di 29 unità e il saldo migratorio, che considera
l’entrata e l’uscita di cittadini da e per Cerami, è negativo di 37 unità. Il saldo totale è di meno 66 soggetti.
Qualora non dovesse cambiare questa tendenza nel giro di 10 anni Cerami conterà circa 400 unità in meno divenendo un paesino di circa 1500 abitanti.
Questa breve analisi non scopre sicuramente nulla di nuovo. E’ risaputo che questi piccoli paesi sono sempre più delle borgate fantasma piene di case disabitate dal valore di poche migliaia di euro. Riguardo
la mortalità è ovvio ci sia ben poco da fare ma sulla natalità e sui dati sull’emigrazione il da fare ci sarebbe.
Il Governo nazionale e la Regione siciliana hanno chiara questa emergenza? Le amministrazioni locali, in concertazione con le precedenti, hanno un piano al riguardo? Non tanto per invertire questo fenomeno ma quantomeno per provare ad arginarlo. Quali sono le politiche del lavoro e di sponsorizzazione del territorio? Un territorio ancora per certi versi vergine, ricco di acqua, capace di offrire panorami mozzafiato, aria salubre, buon vino e buon cibo, tradizioni millenarie può essere debba rassegnarsi allad esertificazione? Io credo di No!

Michele Schillaci


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