Il sindaco di Catania Pogliese è stato condannato a 4 anni e 3 mesi per peculato nell’ambito del processo “spese pazze” su rimborsi all’Assemblea regionale Siciliana, mentre ricopriva la carica di vice presidente del gruppo del Pdl nella legislatura tra il 2008 e il 2012. Pogliese è stato dichiarato “interdetto in perpetuo dai pubblici uffici” ed è stata ordinata “la confisca del profitto del reato di peculato continuato”. Il Prefetto di Catania lo ha sospeso dalla carica di primo cittadino per diciotto mesi in ottemperanza alla legge Severino e il comune è passato alla guida dal vice sindaco Bonaccorsi, ma le opposizioni chiedono le dimissioni di Pogliese e il ritorno alle urne .“Non posso nascondere enorme amarezza e grande delusione per una sentenza che trovo assolutamente ingiusta. Ma da uomo delle istituzioni la devo accettare e rispettare” afferma Pogliese. L’opportunità è necessaria all’attore politico, che dovrebbe scandire ogni suo comportamento sulla base del principio di trasparenza e correttezza. Pre requisiti fondamentali e categorie di azione evocate costantemente dagli uomini delle istituzioni, che non dovrebbero mai applicare un doppio indirizzo giurisprudenziale e invece anche nell’affaire Pogliese si leggono dichiarazioni di cautela e di fiducia per l’operato di un uomo, che se avesse rivestito altre casacche o se non avesse indossata nessuna, sarebbe già stata condannato dalla moralità imperante di chi evoca Dio, Patria e Giustizia a ogni piè sospinto.
Gabriella Grasso
'Catania si ritrova senza sindaco'
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