Cartella di pagamento nulla senza calcolo degli interessi.

La cartella esattoriale deve indicare tasso di interesse applicato e giorni per quantificare quando il contribuente deve pagare.
Calcolo degli interessi in chiaro su tutte le cartelle esattoriali per consentire al contribuente un controllo pieno sulla somma richiesta e l’esercizio del diritto di difesa. Con una sentenza depositata il 19 aprile 2017, la Cassazione è tornata sul tema sempre caldo della cartella di pagamento notificata senza indicazione delle modalità adottate dall’Agente della Riscossione per il calcolo degli interessi. La decisione è stata in linea con quello che è l’orientamento tradizionale leggi. Cartella di pagamento: é illegittima la cartella senza i criteri di calcolo degli interessi, non si può pretendere dal contribuente il pagamento degli interessi se non si spiega quale tasso viene applicato e su quale periodo di tempo detto tasso viene applicato. In altri termini – sottolinea la Cassazione – si può impugnare, perché nulla, la cartella di pagamento che non indica il tasso e i giorni utilizzati per il calcolo degli interessi pretesi. Ogni atto della pubblica amministrazione, difatti, deve essere motivato e l’obbligo di motivazione non viene meno neanche per il fisco. Quando una cartella esattoriale non è preceduta da un avviso di accertamento deve essere motivata in modo congruo, sufficiente e intellegibile. Tale obbligo deriva dai principi di carattere generale indicati per ogni provvedimento amministrativo e dallo Statuto dei contribuenti. Pertanto l’amministrazione finanziaria deve chiarire al contribuente com’è arrivata a quantificare l’importo totale degli interessi, dandogli tutti gli elementi per risalire al relativo calcolo aritmetico: saggio di interesse, capitale (ossia il debito risultante nella cartella) e periodo su cui detto saggio di interesse è applicato. Con questi elementi anche la cartella di pagamento può essere rispettosa dell’obbligo di motivazione in quanto riportante il calcolo degli interessi per come eseguito dall’Agente della riscossione. In difetto, invece, essa va considerata nulla e può essere impugnata dinanzi al giudice competente entro 60 giorni (30 per le multe stradali e 40 per contributi previdenziali Inps e Inail). Il principio ribadito dalla Suprema Corte è estremamente importante oltre che di sicuro interesse per migliaia di contribuenti; difatti raramente le cartelle riportano l’indicazione del tasso e dei giorni di decorrenza utilizzati per il calcolo degli interessi. In altre parole, andando a vedere bene, si scoprirebbe con enorme sorpresa di numerosi debitori, che più della maggioranza delle richieste di pagamento avanzate dall’Agenzia delle Entrate o da Equitalia sono nulle per difetto di motivazione.
Come si calcolano gli interessi della cartella di pagamento?
Quando si riceve una cartella di pagamento vengono richiesti in particolare tre tipi di importi: il capitale: costituito dal tributo e/o dalla sanzione, su cui l’ente titolare del credito ha già calcolato gli interessi maturati prima dell’iscrizione a ruolo. Detti interessi, nella cartella, non vengono distinti dal capitale; pertanto formano un tutt’uno inscindibile. Il contribuente non è messo nella condizione di distinguere il capitale dagli interessi calcolati dall’ente titolare del credito; gli interessi: sono quelli che maturano dopo l’iscrizione a ruolo e che vengono riportati in una voce apposita della cartella; anche qui, però, non si indica il saggio di interesse applicato;
gli oneri di riscossione: è ciò che un tempo veniva chiamato «aggio» e che costituisce il contributo dovuto all’Agente della riscossione per la sua attività.


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